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PRASSI CLINICA: LE FASI DEL TRATTAMENTO CON PSICOTERAPIA BREVE STRATEGICA

A cura di Rossella Campigotto

Il modello avanzato di Psicoterapia Breve Strategica prevede la creazione di un equilibrio funzionale per il paziente una volta che il precedente equilibrio patogeno (che manteneva cioè la patologia in essere) è stato spezzato. In altre parole il terapeuta strategico che utilizza il modello avanzato di psicoterapia breve strategica non interrompe il trattamento, come si faceva in precedenza, appena il disturbo viene sbloccato, ma prevede una fase di consolidamento dei risultati raggiunti. Questa fase permette di ridurre il rischio di ricadute e di mantenere i risultati raggiunti nel tempo.
Oggi infatti il modello avanzato prevede quattro fasi di problem solving:
Fase 1: apertura della terapia;
Fase 2: sblocco della psicopatologia;
Fase 3: consolidamento e riorganizzazione dei risultati raggiunti;
Fase 4: chiusura della terapia.
Questo modo di operare riduce la percentuale di ricadute dopo il termine della terapia quasi fino a zero (Nardone, Watzlawick, 2004).
Alla luce di quanto esposto, l’intervento di psicoterapia breve strategica non è un intervento superficiale o un semplice mascheramento dei sintomi.
La ricerca evidenzia come vi sia una drastica riduzione dei sintomi invalidanti entro le prime 3 sedute e come nel 60% dei casi trattati sia stata rilevata una riduzione significativa della sintomatologia subito dopo la prima seduta.
Nelle quattro fasi viene utilizzata una modalità di comunicazione detta “dialogo strategico” in grado di abbattere le resistenze della psicopatologia al cambiamento ed innescare il processo terapeutico.
Nella prima fase, quella di apertura dell’intervento, gli obiettivi che si pone il terapeuta sono: definizione dettagliata del problema, identificazione del tipo di resistenza al cambiamento della psicopatologia, cattura suggestiva del paziente, creazione dell’alleanza terapeutica, indagine sulle tentate soluzioni fallimentari messe in atto dal paziente e rottura del sistema percettivo-reattivo disfunzionale, accordo col paziente sugli obiettivi da raggiungere, prime manovre terapeutiche (per esempio prescrivere, parafrasare, ristrutturare). A livello comunicativo il linguaggio sarà ipnotico (senza trance) e suggestivo oltre che ingiuntivo-performativo.
Nella seconda fase, quella dello sblocco della psicopatologia, gli obiettivi saranno i seguenti: indagine sul cambiamento avvenuto, incentivare un ulteriore cambiamento progressivo attraverso nuove prescrizioni di compiti da eseguire o col mantenimento delle prescrizioni precedenti che avevano generato il miglioramento e , nel caso in cui non si sia verificato alcun miglioramento, ricorre ad ulteriori e più calibrate manovre terapeutiche sulla base di ciò che in prima fase non aveva funzionato. Il linguaggio del terapeuta è sempre di tipo ipnotico (senza trance) e suggestivo oltre che ingiuntivo-performativo.
Nella terza fase, quella del consolidamento e della riorganizzazione dei risultati, gli obiettivi sono: misurare gli effetti del cambiamento, consolidare i risultati raggiunti o modificare la strategica di intervento per incrementali ulteriormente, generare ancora cambiamenti fino al raggiungimento dei risultati prefissati, acquisizione da parte del paziente di modalità percettivo-reattive flessibili della realtà, prescrizione di ulteriori compiti, incentivare l’autonomia del paziente. Il linguaggio si fa meno ipnotico e ingiuntivo per farvorire l’autonomia.
Nell’ultima fase, quella di chiusura dell’intervento, il terapeuta persegue i seguenti obiettivi: far raggiungere al paziente la completa autonomia, enfatizzare le risorse personali del paziente e le responsabilità del paziente nell’aver risolto e superato la propria psicopatologia e la chiusura dell’interevento che prevede tre sedute di follow-up (cioè di controllo) a tre mesi, sei mesi e un anno. Viene fornita la spiegazione dettagliata del lavoro svolto e vengono forniti ulteriori chiarimenti sul processo di cambiamento avvenuto. Il linguaggio è colloquiale, descrittivo e indicativo.
Nelle prime due fasi il terapeuta crea alleanza terapeutica col paziente e crea “eventi casuali pianificati” (Watzlawick, 1981). Attraverso cioè lo svolgimento delle prescrizioni, il paziente va incontro alla “esperienza emozionale-correttiva”. Scopre cioè, attraverso sensazioni diverse percepite durante l’esecuzione dei compiti assegnati, che la sua mente è in grado di operare in modo differente da prima e che così facendo sta meglio. L’emozione positiva percepita dal paziente sgretola le credenze e le percezioni patogene precedenti, innescandone di nuove e più funzionali. E’ quindi l’emozione provata che determina il cambiamento del sistema percettivo-reattivo con cui il paziente percepisce e di conseguenza reagisce alla realtà. Toccando direttamente le emozioni l’intervento risulta essere quindi più breve dell’agire direttamente sui pensieri o sulle azioni del paziente.

Per approfondimenti:

Nardone G., Salvini A., 2004, “Il dialogo strategico” Ponte alle Grazie, Milano
Nardone G., Salvini A., 2013, “Dizionario Internazionale di Psicoterapia”
Nardone G, Portelli C., 2015 “Cambiare per conoscere”, TEA
Nardone G. 2016 “La terapia degli attacchi di panico”, Ponte alle Grazie, Milano

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